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La chiesa parrocchiale

 

E' nota in tutta la Pedemontana del Grappa come la «ciésa granda de Cavaso». Situata in prossimità della borgata dei Vettoràzzi, è dedicata alla Visitazione di Maria Vergine ad Elisabetta: ecclesia parochialis sanctae Mariae ad Elisabeth.

Viene citata per la prima volta come «pieve di Santa Maria» nella bolla papale di Eugenio III (1152) ed insignita con il titolo di Arcipretale con decreto del 7 aprile 1756.

In origine, la chiesa parrocchiale di Cavaso era ad un'unica navata e, in seguito ad un grave incendio, nel periodo dal 1663 al 16 gennaio 1683 si provvide a riedificarla e ad ampliarla a tre navate, separate da cinque paia di colonne a ordine toscano.
Il lavoro venne condotto a termine, come appariva da un costituto dell'8 gennaio 1709, «col solo soldo laico del publico di Cavaso, senza che mai in alcun tempo i Reverendi Piovani sieno insorti a contribuire una benché minima spesa».

La chiesa venne consacrata il 1° ottobre 1724.

Nel 1826 si collocarono le due colonne del presbiterio, si applicarono all'interno il marmorino ed i pregevoli stucchi del Pivetta da Valdobbiadene, per un costo, all'epoca, di 6000 lire.

Alla fine del secolo scorso e nel primo decennio di questo, la bella facciata preesistente in stile romanico a rosone centrale e a tre finestre semicircolari, venne sostituita con un nuovo frontespizio di stile neoclassico settecentesco, ornato a sua volta da cinque statue dello scultore Francesco Sartor di Cavaso.

Con la guerra 1915-1918, soprattutto dopo la disfatta di Caporetto, quando la prima linea correva dal Grappa, al Salaról, al Pallón, al Tomba, alla Monfenèra, al Piave, la chiesa arcipretale di Cavaso subì gravissimi danni. Il tetto, sostenuto da un soffitto a capriàta romanica, venne praticamente distrutto, così come crollò tutta la parte a settentrione e circa un terzo della facciata.

Il soffitto attuale, completamente rifatto, nasconde l'originario stile di travatura: ne risulta così che, internamente, la struttura edile non rispetta più l'armonia dei rapporti architettonici che sono tipici per una chiesa romanica. L'asse maggiore è da Ovest ad Est, con l'abside collocata canonicamente ad oriente.

L'altare maggiore, eretto in legno nel 1646, fu ricostruito in pietra nel XVIII secolo dai fratelli Sorgi di Venezia, staccato dal muro di fondo dell'abside, quindi con disposizione «alla romana». Del 1691 sono invece il tabernacolo a marmi policromi ed il parapetto della mensa, opera dello scultore bassanese Bernardo Tabacchi.
Prima della guerra 1915-1918 vi erano ancora due statue dello stesso artista, poste ai margini dell'altar maggiore e dedicate rispettivamente a Maria Vergine e a Santa Elisabetta, cioè al titolo della pieve stessa: la «Visitazione». Decapitate e rese mutue dagli eventi bellici, le sculture vennero poste provvisoriamente nella piazzetta a mezzogiorno.

La pala dell'altar maggiore, acquistata assieme ad altri oggetti sacri e artistici in epoca napoleonica, è opera del pittore fiammingo Nicolas Regnier e rappresenta la Madonna in visita ad Elisabetta, episodio cui assistono anche i Santi Giuseppe e Zaccaria.
Nel presbiterio altre due grandi tele ad olio, intitolate al Natale e alla Resurrezione, sono opera del pittore tedesco Mayer (1890) e furono donate da Monsignor Francesco Zanotto da Obledo alla chiesa parrocchiale. Pur con qualche danno furono asportate per tempo durante il pilmo conflitto mondiale, custodite nella Casa Prepositurale di Asolo e quindi rimesse in loco dopo l'armistizio.

Comunque, il dipinto più antico ed importante è la tavola terminata l'11 febbraio 1541 dal pittore Francesco Millàn da Serravalle. Il dipinto è posto sull'altare dedicato a San Giovanni Battista e in esso vi è raffigurata la Madonna con Bambino, circondata da sei Santi, tra i quali San Liberale con lo stendardo di Treviso, San Giovanni Battista e i Santi Pietro e Paolo.

Due i pregevoli dipinti di Jacopo da Ponte (Bassano il Vecchio).
Il primo, sull'altare di fondo di sinistra, con la Madonna del Rosario, Santi e donatori, realizzato per contratto del 17 agosto 1587 e consegnato il giorno di Natale dello stesso anno.
La seconda pala su tavola, assieme ai due quadretti del 1580, un tempo era posta sull'altare di San Rocco (di fondo a destra) in cui il Santo appariva circondato da appestati, mentre il Padre Eterno appare in atteggiamento di soccorritore.

Le granate austroungariche, dal novembre 1917 all'ottobre 1918, distrussero invece la pala dell'altare di San Gaetano e dell'Invenzione della Croce che era opera del pittore Giovanni Zanotto di Cavaso (1770). Attualmente l'altare è dedicato a San Pio X. L'altare primitivo, in legno dorato, intagliato dallo scultore Pietro Argentini di Cavaso, fu sostituito nel 1811 con uno in pietra.

Artisticamente meno significativi, ma pur sempre validi, sono gli altari della Beata Vergine del Carmine e quello di Sant'Antonio da Padova, che gli è di rimpetto a Sud, oltre al Battistero ed ai lavori in legno intagliato come il pulpito, il bancone della sacrestia ed i confessionali.


 
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